Quante volte ti è successo che tuo figlio ti dicesse: “Mamma sei brutta”, “Sei cattiva”, “Non ti voglio bene”?
Probabilmente ci sei rimasta male e magari l’hai presa sul personale. Ti sei chiesta perché il bambino ti dice così e hai iniziato a sentirti in colpa o a farti assalire da mille dubbi.
Forse stava usando qualcosa di pericoloso e glielo hai tolto o gli hai negato qualcosa o hai passato una giornata a lavoro e magari hai fatto i salti mortali per tornare il prima possibile da lui e invece ti manda via e ti dice che sei cattiva! Ovviamente ecco che i sensi di colpa e lo sconforto ti assalgono.
“Mamma sei brutta e cattiva”: lo pensa veramente?
Inizio subito con il dirti di stare serena, tuo figlio non pensa davvero ciò che dice.
Quindi non prenderla sul personale, è solo il suo modo “immaturo” di comunicare con te, di dirti che in quel momento è successo qualcosa che lo ha fatto star male, che non gli è piaciuto, che è rimasto deluso da un tuo comportamento o semplicemente è triste, ma non sa come dirtelo e questo è il modo più facile per comunicarti una serie di cose.
In particolar modo i bambini più piccoli che ancora non parlano bene, o i bimbi con disturbi o ritardo del linguaggio, possono fare ancora più fatica ad esprimere verbalmente ciò che hanno dentro.
Indovina chi deve aiutarli a tradurre il loro vissuto?
Rullo di tamburi… TU!
Ok, fin qui tutto chiaro. Abbiamo capito che il bambino non pensa che la sua mamma sia brutta, cattiva o che non ti voglia bene. Ma come reagire a queste affermazioni?
Immaginiamo una scena per essere più pratici possibile. Torni dal lavoro e tuo figlio ti dice la solita frase appunto e tu, cosa fai?
Prima di tutto, in ogni caso, capisci tu cosa si nasconde dietro quel suo disappunto. La traduzione probabile in questo caso sarà “mamma sono arrabbiato perché mi sei mancata tanto!”
E già il fatto che tu capisca questo è “tanta roba”. Già hai compreso il bisogno di tuo figlio e il suo pensiero! Ovviamente è piccolo e non sa spiegare neanche lui a se stesso questo ragionamento, figurati se riesce a spiegarlo a te!
Ora puoi tradurre e aiutarlo a capire:
“Lo so che non pensi davvero che io sia cattiva, so che ti sono mancata tanto e anche tu mi sei mancato. Ma ora sono qui (abbassati sempre al suo livello, apri le braccia) finalmente possiamo giocare insieme! (sorridi)”
A quel punto proponi un abbraccio e un gioco o un’attività che a lui piace molto, in modo da ricongiungervi.
Questo è un esempio, ma può succedere anche in caso gli venga negato qualcosa. La logica di base non cambia: capisci e traduci!
Altro esempio: “So che non pensi che io sia brutta, sei arrabbiato perché volevi il coltello ma puoi farti male. Se vuoi possiamo usare le tue forbici per ritagliare un bel dinosauro!”
Altro esempio?
“So che mi vuoi bene, ora sei triste e arrabbiato perché volevi saltare sul letto ma puoi farti male. Saltare è molto bello ma va fatto a terra, ti va di costruire un percorso a ostacoli dove possiamo saltare e giocare insieme?”
Ecco, ora hai qualche idea da cui puoi prendere spunto per aiutare tuo figlio, ma soprattutto puoi smetterla di sentirti in colpa per le tue scelte di vita, come andare a lavorare, o le tue scelte educative, come mettere delle regole in casa per la sua sicurezza!
Spero che questo articolo ti sia stato utile, puoi condividere il link con altri genitori e se vuoi fammi sapere cosa ne pensi!