Il bambino è un lavoratore, un operaio il cui compito, al di là delle sue stesse azioni, è quello di costruire l’uomo, di costruire quello che sarà lui domani.
Nella nostra cultura l’attività primaria del bambino è quella del gioco. La pedagogista ed educatrice Maria Montessori smentisce questa idea radicata, chiamandola lavoro. Nei bambini riconosce un’energia psichica che deve incarnarsi nel movimento, nell’azione, nel gioco-lavoro.
“Lavoro e movimento sono una cosa sola”, il gioco-lavoro è l’unione della forza della mano e della forza della mente, la mano come “organo d’intelligenza” (R.Regni, Infanzia e società in Maria Montessori. Il bambino padre dell’uomo, Ed.Armando, 2007, p.101).
La mano è connessa direttamente con la vita psichica, con la mente e con il cervello, con i quali è in rapporto dialettico. Dipende dallo sviluppo della psiche, ma la psiche dipende anche dall’uso della mano.
Ecco perché lo sviluppo della sua abilità va di pari passo con lo sviluppo dell’intelligenza. I bambini piccoli, possiamo dire, pensano con le mani.
Le mani sono il primo contatto che l’uomo ha con la concretezza del mondo ed è da esse che il bambino prende coscienza di sé e possesso dello spazio che lo circonda.
Inoltre l’esigenza di comunicare è insita in ognuno di noi. È una condizione originaria della specie umana e così come sosteneva P. Watzlamick nella formulazione di uno dei suoi assiomi sulla comunicazione, è impossibile non comunicare.
Tra le molteplici possibilità comunicative, possiamo sicuramente considerare la LIS, lingua dei segni italiana, una lingua che viaggia tramite un canale visivo-gestuale.
Essa viene espressa attraverso le mani, gli occhi, le espressioni facciali che hanno valenza sintattica e i movimenti del corpo che esprimono il tempo.
Le lingue dei segni, legate alle varie comunità sorde, prendono le parole per le mani e così si esprimono con segni, non gesti.
Non vi sembra questo un meraviglioso potere delle mani?